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I 70 decibel sono ampiamente superati nelle aule didattiche italiane: e questo ha sicuramente risvolti negativi sul rendimento degli studenti, facendo diminuire le capacità mnemoniche, di concentrazione, di comprensione dei testi e delle lezioni. A questi rumori interni, si aggiunge spesso il rumore esterno: circa il 12% delle scuole italiane, è vicino a un aeroporto, il 9% è nei pressi dell’autostrada e l’8% si trova a un chilometro da una zona ad alto inquinamento sonoro. Insomma, sembra evidente che esista una correlazione tra rumore in ambiente scolastico e capacità di apprendimento degli allievi.
Purtroppo, il 17% dei ragazzi tra i 12 e i 19 anni convive con un disturbo uditivo incentivato dal rumore che, se non identificato e trattato, si associa a scarsi risultati scolastici e può poi tradursi in basse performance lavorative e in minori opportunità professionali.
In effetti, la continua esposizione ai rumori può indurre il rilascio di cortisolo, un ormone il cui eccesso compromette la funzione nella corteccia prefrontale, impattando negativamente sul ragionamento, sul controllo degli impulsi, sulla capacità di pianificazione e sulle capacità mnemoniche a breve termine. A questo, si aggiunge lo stress derivante da un continuo rumore di sottofondo che può far diminuire i livelli di dopamina, impattando così in maniera negativa sull’apprendimento e sulla memoria.
Come si può ridurre il rumore scolastico?
DIverse possono essere le soluzioni (approfondisci). Anzitutto, utilizzando impianti di amplificazione o applicare pannelli, tendaggi o arredi fonoassorbenti, senza dimenticare l’uso di lavagne elettroniche. Sarebbe anche indicato educare gli studenti a una corretta ecologia sonora, impedire l’uso di cuffie e di auricolari in aula, posizionare i feltrini sotto le sedie e i banchi ed evitare la costruzione di scuole in zone ad alto inquinamento sonoro.
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